Di recente, il mondo dell’influencer marketing è stato sotto i riflettori per una vicenda piuttosto singolare. La giovane youtuber Elle Darby, aveva contattato il White Moose Cafe, hotel di Dublino, per chiedere ospitalità gratuita per il week end di San Salentino per lei e il fidanzato in cambio di stories e post sui social, spiegando di aver fatto altre volte questo tipo di lavoro e che gli alberghi con cui ha collaborato ne sono stati più che soddisfatti. Il proprietario dell’albergo, Paul Stenson, già noto per il suo essere stato più volte sarcastico e pungente sui social ne confronti dei clienti che si sono lamentati di qualcosa, anzichè rispondere via email alla giovane influencer, ha deciso di farlo in pubblico sulla sua pagina facebook deridendola e denigrandola con le seguenti parole: «Se ti lascio alloggiare gratis in cambio di visibilità chi pagherà lo stipendio alla signora che si occuperà di pulire la tua stanza? Ai camerieri che ti serviranno la colazione? Al personale che ti accoglierà alla reception?” e incalza: “Dovrei forse dire al mio staff che invece di essere pagato avrà visibilità nei tuoi video?».

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Della vicenda se n’è ampiamente parlato su tutti i giornali e social di tutto il mondo, portando tantissima visibilità ad entrambi, al punto da credere quasi che si fosse trattato di una strategia pubblicitaria.

Da allora, però, parlando con tanti blogger ed influencer, anche durante la BIT, la fiera del turismo di Milano, mi sono resa conto che da questa vicenda è scaturito un certo timore nel contattare le strutture per richiedere ospitalità e collaborazioni.

Ho deciso quindi di prendere spunto da una recente intervista che ho rilasciato ad Inside Marketing inerente il caso Elle Darby, per esporvi le mie considerazioni in merito e quali sono stati gli errori della vicenda.

Sicuramente nel mondo dell’influencer marketing ci sono ancora molti pregiudizi da parte delle aziende, che non riescono a capire le potenzialità del web e dei social network per la promozione della propria attività, affidandosi troppo spesso al “cuggino” di turno. Dall’altro lato, però, ci sono tanti falsi influencer con followers finti comprati al mercato nero o ragazzini improvvisati che, poiché hanno un certo seguito su Instagram, pensano di dover pretendere viaggi o prodotti gratis, facendolo in modo poco professionale e controproducente, svilendo una categoria professionale (quella di blogger) che sta ancora lottando per far capire la propria professionalità.

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Le collaborazioni tra travel blogger e hotel, enti o tour operator possono portare a numerosi vantaggi ad entrambe le parti. Un travel blogger professionista, che svolge il proprio lavoro in modo serio e professionale, ha un suo seguito, una community che si fida dei suoi giudizi, che interagisce e condivide, amplificando il messaggio a macchia d’olio. Proprio per questo motivo, quando un travel blogger si reca in una località e  racconta la sua esperienza sul suo blog e sui suoi canali social, può portare una grandissima visibilità a chi si occupa di ospitalità, che può in taluni casi essere addirittura superiore a quella di una campagna pubblicitaria sui media tradizionali. Molti operatori del settore conoscono perfettamente le potenzialità dei blogger e sono loro stessi a contattarli e selezionarli non soltanto offrendogli ospitalità in cambio di visibilità sui loro social, ma molto spesso corrispondendo loro anche una somma di denaro, la cosiddetta fee, per il lavoro di foto reportage, video editing e storytelling svolto.

Altre volte sono i blogger a proporsi alle aziende ed hotel, come ha fatto Elle Darby, ma, come spiego anche nel mio libro “Manuale per aspiranti blogger”, bisogna farlo nel modo giusto, presentando un progetto, spiegando alla struttura perché si vuole andare in quel posto in quel periodo, il lavoro che svolgerà per la struttura, quali benefici porterà alla stessa ed i vantaggi per entrambi. E’ normale che se hai un blog di moda personale nel quale non scrivi di viaggi e chiedi di fare la vacanza gratis con il tuo fidanzato o la tua famiglia nella settimana di San Valentino in un hotel, viene considerato scroccare. Ma se hai un blog di coppia e chiedi di essere ospitato nella struttura nel periodo antecedente San Valentino per promuovere la destinazione come viaggio romantico di coppia ai tuoi lettori, il discorso cambia nettamente.

Se sei un travel influencer generalmente sono le aziende a trovare te e proporti lavori e collaborazioni. Prima di diventare influencer, però, c’è tanto da lavorare sulla propria immagine, brand reputation e sui propri contenuti. Tanti pensano di essere influencer pubblicando solo selfie con mille mila like, ma un vero influencer ha qualcosa da comunicare e… influenzare.

Ad ogni modo, il miglior modo per proporsi per monetizzare il proprio blog, è con un media kit aggiornato nel quale siano presenti i dati statistici, i numeri e le potenzialità del proprio blog, i social a supporto, i punti di forza, le collaborazioni svolte e tutto ciò che è importante sapere per far capire cosa può offrire il proprio blog all’azienda alla quale ci si sta proponendo per una collaborazione.

Collaborare con un blogger non vuol dire solo offrire ospitalità in cambio di un articolo sul blog o una foto su Instagram. Chi si occupa di ospitalità può stilare dei veri e proprio progetti che coinvolgano i blogger, che possono portare non soltanto visibilità alla struttura, ma anche un incremento delle prenotazioni, un cambio di immagine, ecc. Ovviamente per avere risultati bisogna collaborare con influencer in target e che offrano qualità e non solo quantità, quindi contenuti e non solo numeri, come spiego spesso nel mio libro “Manuale per aspiranti blogger”.

Episodi come quello che ha coinvolto Elle Darby e l’albergatore di Dublino possono solo contribuire ad accrescere i già tanti pregiudizi che aleggiano intorno al mondo del blogging. In questi giorni mi è capitato di leggere i commenti più svariati sull’accaduto, tra quelli che accusano che i blogger sono tutti scrocconi, non sforzandosi minimamente di approfondire la categoria e chi invece ha difeso Elle accusando l’albergatore di aver violato la privacy. Sicuramente dietro tutta la vicenda c’è stata una strategia di marketing mirata da parte dell’albergatore che in questo modo ha aumentato la visibilità di entrambi seguendo la vecchia linea “nel bene  nel male purchè se ne parli” ed infatti a distanza di quasi un mese siamo ancora qui a parlarne. Ma siamo proprio sicuri che sia il modo giusto?

Mi farebbe piacere avere le vostre considerazioni.

Anna

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